Her: Orwell 2.0?
- Anakin
- 24 gen 2018
- Tempo di lettura: 3 min
Nel 2011, pochi giorni prima della morte di Steve Jobs, viene presentato l’iPhone 4s. Di fronte allo stupore di tutti coloro che si aspettavano un 5 con un nuovo design, il bistrattato smartphone di casa Apple introduceva un’interessante funzione: Siri.
Gli assistenti vocali esistevano già, certamente, ma quello nuovo di zecca del melafonino rendeva ogni azione molto più naturale rispetto che con altri visti in precedenza. Qualsiasi(o quasi) domanda posta al nostro amico virtuale riceveva una risposta più o meno ponderata e in potenza si sarebbe potuta sostenere una conversazione molto basilare con quello che comunque rimaneva un programma di un telefonino.

Spike Jonze, regista, scenografo e soggettista nonché produttore di Her, fu probabilmente ispirato a questa piccola innovazione di Apple quando iniziò a lavorare al candidato a 5 premi oscar nel 2014(portando a casa la statuetta per la miglior sceneggiatura originale).
Theodore Twombly lavora presso un’azienda che si occupa di scrivere lettere d’amore per conto di terzi. Il povero Theodore è bravissimo a gestire le relazioni altrui e le sue lettere sono spesso adorate dai propri clienti(tanto più dai destinatari!); si dimostra tuttavia meno abile nel gestire i propri rapporti interpersonali, risultando in definitiva un uomo piuttosto solo. A maggior ragione dopo la rottura con la moglie.
A questo punto, un po’ per distrazione e un po’ per seguire la moda tecnologica del momento, il nostro decide di sostituire il sistema operativo del proprio computer con il nuovo OS1. Il software implementa un particolare assistente vocale, capace di imparare ed evolversi assumendo, con il tempo e l’utilizzo, atteggiamenti sempre più simili a quelli del proprio padrone.
Installato il sistema operativo, l’elegante voce femminile scelta da Theodore gli si presenterà con il nome di Samantha.

La fittizia Siri di questa storia diventerà con il tempo ben più che un semplice strumento per lo scrittore, il quale colmerà il profondo vuoto costruitosi attorno a sé grazie ad un rapporto sempre più stretto con l’amica virtuale.
Questa, in sintesi, è la trama di un film che definirei quasi “orwelliano”. George Orwell, nato ai primi del ‘900, scrisse il libro 1984 in una data non troppo distante dall’anno in cui profetizzava la venuta del Grande Fratello: fu infatti pubblicato nel 1949.
Orwell nel dover fissare sulla linea del tempo una tale catastrofica visione non scelse l’anno 3000, si spostò avanti di appena 35 anni.
É interessante come Spike Jonze abbia intrapreso una strada decisamente simile: il suo immaginario nel quale l’uomo possa familiarizzare a tal punto con la tecnologia non viene posto, sulla scia di Orwell, nel 3000 ma in un futuro decisamente prossimo al nostro presente, forse 20-30 anni avanti!
Il livello di denuncia sociale attuato dai due assume livelli invece ovviamente diversi. Jonze non si spinge ad ipotizzare un’entità che tutto vede e tutto sente all’interno di una società monitorata e controllata da miriadi di schermi e telecamere che annullano qualsivoglia tipologia di libertà; nonostante ciò, il velo di critica nei confronti del senso di vuoto creato dall’abuso della tecnologia è tangibile.
In 1984 il vuoto e il senso di pesantezza è dato dall’esterno, dalla presenza del Grande Fratello; in Her(o Lei, nella traduzione italiana) il senso di vuoto è dato dall’essere introverso di Theodore, il quale cura le proprie insicurezze e la propria tristezza nella fittizia relazione con Samantha.
Probabilmente questo Her è figlio dell’evoluzione della mentalità dell’uomo e delle sue paure. Durante il secolo scorso a spaventare maggiormente erano l’oscurantismo e la repressione ideologica; l’avvento di internet e della tecnologia di consumo hanno portato alla tendenza ad auto imporsi limitazioni per quanto concerne la privacy: non vi è più un Grande Fratello che ci imponga di essere perennemente controllati, siamo noi stessi che, talvolta pagando, siamo disposti ad esserlo tramite piattaforme come i vari social o l’utilizzo di telefonini e computer sempre connessi ad internet.
Allo stesso tempo è Theodore a scegliere liberamente di limitare ogni tipo di frequentazione umana per trovare definitivamente in Samantha il perfetto compagno di discussioni di qualunque tipologia: non vi è un’entità superiore che gli imponga la prigionia legato a tale tecnologia.
Il film, come avrete notato, lascia spazio a numerosi dibattiti di diversa natura. A tratti filosofico, a tratti sentimentale, Her è capace di intrattenere lo spettatore per 126 minuti in modo…onesto.
Interessante la caratterizzazione dei personaggi, particolarmente quella di Samantha: riuscire a dare così tante sfaccettature ad un assistente vocale utilizzando solamente il tono della voce dello stesso, anzi, della stessa, è cosa non da poco.
Che Spike Jones sia il nuovo George Orwell? Lo scopriremo tra una ventina d’anni, probabilmente…
Link Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=jk0WjlQmIOw
P.S. occhio al trailer, è consigliabile la visione fino al minuto 1:25
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