Les Misérables: redenzione e riscatto
- Willow
- 14 nov 2017
- Tempo di lettura: 3 min
Recensire il proprio film preferito è complicato perché è difficile essere obiettivi di fronte ad una pellicola che, alla cinquantesima visione, trasmette ancora le stesse identiche emozioni della prima. Nel mio caso il film (o meglio musical) in questione è Les Misérables, una delle tante trasposizioni cinematografiche del romanzo di Victor Hugo.

La trama è famosa: Jean Valjean è un uomo che ha fatto 20 anni di lavori forzati per aver rubato un pezzo di pane. Quando finisce di scontare la sua pena, le sue speranze di riscatto vengono infrante dalla dura realtà: un ex carcerato verrà sempre visto come tale e mai riuscirà a trovare un lavoro onesto. Ottenuta ospitalità in un convento compie un gesto dettato dalla disperazione, arrivando a derubare l’unica persona che si sia fidata di lui. Il perdono del religioso è ciò che gli dà la spinta per cambiare vita: les miserables è infatti una storia di riscatto e di giustizia. Ma cosa è la giustizia? È su questo che gran parte del film si concentra e costituisce il grande dilemma di Javert; l’ufficiale di polizia che finisce per essere l’antagonista della nostra storia. Javert non vuole credere al cambiamento dell’ex galeotto. Quindi, quando si rende conto che 24601, ai suoi occhi un delinquente, non è solo un numero ma un uomo misericordioso, vede tutte le sue certezze crollare. La storia di Jean Valjean così come quella di Fantine, magistralmente interpretata da Anne Hathaway (che per questo ruolo ha vinto l’Oscar come attrice non protagonista), dimostra che non sempre le cose siano come appaiono: quello che tutti vedono come un ladro non è un criminale, la ragazza madre non è una sgualdrina ma una donna innamorata e la sua unica colpa è quella di essere stata ingenua. E Hugo, così come il regista, simpatizza per questi “miserabili”, arrivando nel finale a concedere loro il perdono religioso, nonostante i loro peccati.
Un aspetto da non sottovalutare sono gli attori: nomi famosi (o che da lì a poco lo sarebbero diventati) che, pur non essendo cantanti di professione, riescono a compiere delle performance canore eccellenti: oltre che le performance di Hugh Jackman e quella della già citata Anne Hathaway, degne di nota sono anche quelle di Amanda Seyfried (che aveva già recitato in “mamma mia!”) ed del non ancora famoso Eddie Redmayne, che interpretano rispettivamente i personaggi di Cosette (figlia di Jean Valjean) e Marius, i due innamorati protagonisti della seconda parte della storia. La storia d’amore con Cosette è una parte importante, tuttavia non è l’unica: Marius è infatti un intellettuale borghese che frequenta un gruppo di giovani rivoluzionari che si accingono a ribellarsi al potere di Napoleone (siamo nell’anno 1832). All’amore si affiancano dunque gli ideali, la voglia di cambiare le cose di Enjolras e degli altri membri dell’ABC cafè.
E’ questa una delle cose più belle del film: la vicenda è piena di personaggi secondari che, pur apparendo pochi minuti sullo schermo, sono abilmente caratterizzati; tanto che lo spettatore non può non affezionarsi a loro: come non adorare Gavroche, il piccolo rivoluzionario dalla faccia tosta? Come non commuoversi di fronte alla vicenda della "friendzonata" Eponine? Per giunta ogni momento, ogni emozione dei personaggi è espresso attraverso una canzone e questo aspetto non fa altro che renderci maggiormente partecipi della vicenda. Il finale? Pura poesia.
Un consiglio finale che do a chi si avvicina alla pellicola per la prima volta è di guardare il film in lingua originale: la variazione di lingua tra le parti parlate e quelle cantate finirebbe inevitabilmente per togliere naturalezza a questo passaggio.
Link trailer: https://youtu.be/xCUqtbRwv0Y
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